18 dicembre 2006

Questo post verrà pubblicato in forma ridotta...

... per venire incontro alle vostre limitate capacità mentali¹

Mi domandavo, dopo il recente sciopero dei giornalisti (quello in cui i servizi erano senza nome per protestare contro il fatto che i servizi stessi li realizzano giovani giornalisti poco stipendiati e li firmano vecchi giornalisti poco propensi a lasciare il posto, se non ho capito male) e il nuovo sciopero di oggi (quello in cui i telegiornali vanno in onda in forma ridotta per protestare contro gli editori che vogliono mettere flessibilità in ogni dove):
  • è lo stesso sciopero? o sono due scioperi uno dopo l'altro con motivazioni simili a diverse?
  • si sono accorti i giornalisti che protestavano ieri per i giovani non pagati a lavorare e i vecchi foraggiati in panciolle che la stessa cosa accade anche in: ospedali, università, centri di ricerca, studi di avvocati, studi di notai, enti privati, enti pubblici e financo al parlamento (e sicuramente dimentico qualcosa)?
  • si sono accorti i giornalisti che protestano oggi per l'aumento indiscriminato della flessibilità che la stessa cosa accade in %(lista_precedente), fabbriche, officine, call center e tanti, tanti altri posti?
Conclusioni, personali, ma credo un po' universale, per lo meno nell'ambito delle chiacchiere da bar:
  • a me, cosa ca##o me ne frega di avere in futuro giornali, notiziari e telegiornali peggiori per colpa dei vecchi in panciolle che rubano in lavoro² ai giovani e degli editori che tengono tutti flessibili se ho già adesso ospedali, scuole, università, centri di ricerca, studi professionali, fabbriche, officine, call center, catene di informatica, catene di elettrodomestici, catene di bricolage e financo il parlamento nelle stesse condizioni?³

1. vecchia battuta di Daniele Luttazzi.
2. nel senso che qui in "datore di lavoro" è il giovane...
3. ovviamente con tutto l'affetto che posso avere nei confronti dei giovani a cui viene rubato il lavoro e nei confronti di lavoratori costretti a lavorare in precariato, prima che mi si accusi di chissà quale nefandezza verbale

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